Tassa di soggiorno: un esperimento di trasparenza e open-data?

Logo della campagna di comunicazione

Dal 24 agosto anche a Venezia entrerà in vigore l’imposta di soggiorno per i turisti che pernotteranno nel territorio comunale, determinata per persona e pernottamento fino a un massimo di cinque pernottamenti consecutivi (l’imposta, cioè, non verrà più pagata a partire dal sesto giorno di permanenza in città). Il provvedimento non riguarderà invece i residenti del Comune di Venezia.

Questa iniziativa sta scatenando parecchie polemiche in città, in quanto le strutture ricettive (tutte le realtà che ospitano pernottamenti per turisti, ad esclusione delle strutture di proprietà del comune) di fatto si vedranno delegate all’incasso di una imposta che – nella campagna di comunicazione – è promossa con il logo “Thank you for being SPONSOR of the splendor of Venezia” (e che nel materiale promozionale in lingua inglese viene definita “tourist tax” anziché “city tax”).

Il Consiglio comunale ha approvato l’istituzione dell’imposta (la cui applicazione non sarà retroattiva) e il relativo regolamento il 23 giugno scorso, mentre la Giunta comunale, il giorno successivo, ha approvato le aliquote.
Le aliquote varieranno in base alla stagionalità (ci saranno cioè due quote, diverse per alta e bassa stagione), all’ubicazione della struttura ricettiva (Venezia centro storico, Isole, Terraferma) e in base alla categoria e alla tipologia della struttura ricettiva (si distingue tra strutture alberghiere, extralberghiere e all’aperto, ossia villaggi turistici e campeggi).

I cittadini veneziani invece si chiedono che ne sarà fatto di questi soldi raccolti con l’imposta di soggiorno. Qualche giorno fa in un quotidiano locale è uscito un mezzo a firma M.F. che cerca di spiegarlo:

Come saranno impiegati gli 8 milioni che Ca’ Farsetti ritiene di introitare dai turisti che pernottano a Venezia? La maggior parte finanzierà il trasferimento alla Fenice (tre milioni) e il costo dei vigili impiegati nei controlli e nel presidio delle aree turistiche (3 milioni), alla pulizia degli arenili (130 mila euro), al cinema estivo (160 mila), alla Querini Stampalia (400 mila), alla Bevilacqua La Masa (260 mila), al Palio delle Repubbliche Marinare (70 mila), a Venezia Marketing ed Eventi (500 mila), alla manutenzione delle barche da regata (200 mila), ai servizi internet (200 mila), al Parco della Laguna (80 mila).

Tassa di soggiorno e open-data? Si può fare!

Quando si parla di open-data e P.A. mi piace sempre citare la sezione dei dati aperti della Regione Piemonte:

I dati pubblici sono di tutti

I dati in possesso della Pubblica Amministrazione sono un patrimonio informativo prezioso.
Le informazioni del settore pubblico sono un fattore chiave di crescita economica e sociale, e il loro riutilizzo commerciale contribuisce ad attuare la trasparenza amministrativa e la democrazia elettronica.
È questo il presupposto su cui si basa la Direttiva 2003/98/CE del Parlamento europeo che definisce i dati pubblici “un’importante materia prima per i prodotti e i servizi imperniati sui contenuti digitali.”

Su questi principi l’Associazione per l’Open Government dopo aver pubblicato il Manifesto per l’Open Government e presentato le Linee Guida per l’Open Data, sta collaborando all’organizzazione insieme al Consorzio TOP-IX, a IWA (International Webmasters Association) e a un ampio gruppo di attori pubblici e privati un concorso denominato “APPSFORITALY“, che chiamerà a raccolta i più creativi programmatori italiani con lo scopo di elaborare dati pubblici.

Cosa lega quindi l’open-data alla tassa di soggiorno? Nell’ottica della trasparenza amministrativa, un cittadino ha diritto di conoscere sia le entrate derivanti da questa imposta, sia il loro effettivo utilizzo. Nel mondo anglosassone, grazie alla pubblicazione dei dati pubblici, è possibile stimare come vengono spese le proprie tasse.

Dove vanno i soldi delle mie tasse?

Una proposta quindi all’amministrazione comunale: il rilascio pubblico in formato CSV, in forma anonima con aggiornamento a cadenza mensile dei dati relativi agli introiti dell’imposta di soggiorno con le seguenti informazioni:

  • Categoria struttura ricettiva
  • Area (Sestiere di Venezia, Lido, Terraferma)
  • Numero ospiti
  • Importo pagato

Con medesima tipologia di formato, si chiede anche il rilascio dei dati relativi ad ogni singola spesa (con catalogazione) coperta – anche parzialmente – con gli introiti dell’imposta di soggiorno.

Sicuramente ci saranno sviluppatori disponibili a creare elaborazioni pubbliche di questi dati, il cui risultato potrà essere utile sia alla cittadinanza ma anche all’amministrazione comunale.

Blog e Forum non sono stampa

Di tale argomento ho discusso parecchio con un amico avvocato chiedendomi più volte: ma perché si continua a pensare che blog e forum siano stampa, se non vi sono le caratteristiche specifiche della stampa (direttore responsabile, iscrizione in appositi registri, ecc.)?

Per fortuna una recentissima sentenza della Cassazione ha confermato questa teoria, smentendo tutto il polverone che si sta alzando ultimamente in rete.

[…]L’esonero dei siti Internet e dei blog dagli obblighi della legge sulla stampa mette la parola fine su una serie infinita di querelle e tacita i timori dei blogger: non vi sarebbe infatti più alcun obbligo di registrazione al tribunale, né l’imposizione di avere un direttore responsabile, né, soprattutto, vi sarebbe l’obbligo di controllo sui commenti, del cui contenuto sarebbero responsabili solo i loro autori.[…]

Mostra del Cinema: addio pineta

Giovedi 19 febbraio 2009 alle ore 15,30 è stato abbattuto l’ultimo albero della macchia verde fronte Casinò che annoverava,oltre ai pini,anche splendidi pioppi bianchi ultra centenari con un diametro di tronco di un’ottantina di centimetri.
Al posto della pineta sono rimasti enormi mucchi di ramaglie che vengono rapidamente caricate su autocarri e fatte sparire dalla vista.
la devastazione
La notizia della “deforestazione“ e le foto indecenti che la testimoniano sono apparse, oltre che sulla stampa cittadina, anche sull’edizione nazionale del “Corriere della Sera”.
Ciò significa che la battaglia contro chi sta distruggendo il verde pubblico del Lido per sostituirlo col cemento sta prendendo vigore giorno dopo giorno.
La pineta non c’è più ma è rimasta la nostra rabbia e quella dei 2500 lidensi che ci hanno dato il loro sostegno.
Vi assicuriamo che non rimarremo fermi. Ci sono altre battaglie da combattere: contro il previsto abbattimento degli alberi in piazzale S.M.Elisabetta,contro la deforestazione dell’area verde della Favorita, ma soprattutto contro l’arroganza di chi non tiene alcun conto delle richieste di una parte consistente dei cittadini del Lido.
Arrigo Battistini-Coordinamento Associazioni Ambientaliste del Lido

Facebook: il nuovo babau?

In questi giorni si sta facendo una grossissima pubblicità a Facebook, ovvero si crea l’interesse verso questa applicazione disponibile nel Web anche (e soprattutto) grazie alle classiche battaglie mediatiche.
Chi segue la rete da un po’ di anni ha sicuramente avuto modo di vivere i vari “babau” legati alla rete. Ne riporto di seguito alcuni:

Non aprire quella posta

Il titolo che ho scelto fa un po’ il verso al film horror “non aprite quella porta”, ma serve a far capire il nesso tra comicità e tragicità delle errate informazioni che venivano fatte digerire ai telespettatori. In quel periodo vista la mancanza di normale manutenzione verso i personal computer: parole come “aggiornamento”, “antivirus” sembrano ancora oggi parolacce per alcuni utenti. “Se il computer l’ho comprato funzionante perché devo installarci altre cose che tra l’altro mi rallentano il PC?” oppure le classiche: “ah ma l’antivirus va aggiornato?” sono purtroppo ancora oggi le più ricorrenti. In quel periodo delle e-mail contenenti degli allegati pericolosi (prevalentemente in lingua straniera) potevano danneggiare parecchio il sistema operativo ed i dati dell’utente “distratto”. A quel tempo quindi grandi interviste in tutti i tg degli esperti: in Italia, se non lo sapete, abbiamo il GAT che ci difende dalle frodi telematiche con grande attività in tutto il territorio italiano (e colgo l’ennesima volta per tirare le orecchie a Rapetto – che coordina il gruppo – per l’inaccessibilità del sito Web: una persona con disabilità, quindi soggetto debole, difficilmente può riuscire a segnalare problemi tramite quel sito psicadelico). E quindi interviste quasi sempre ineccepibili e poi la classica aggiustatina giornalistica del tipo “e quindi non aprite e-mail che provengono da sconosciuti”. La conclusione giornalistica si commenta da sola…
Come si risolve il problema? non tanto non aprendo le mail degli sconosciuti quanto utilizzando in modo corretto gli “antibiotici”, ovvero le risorse di difesa disponibili da decenni per i PC.
Sempre su questo campo recentemente si sono riesumati i “phishing”, ossia il tentativo di acquisire dati di un utente (carta di credito, dati di accesso a servizi come ebay, ecc.) per farne un uso fraudolento. Ma anche qui non si tratta di cose “nate oggi”: ricordo che nel 2001 proprio come associazione siam dovuti intervenire a supporto di una delle maggiori banche italiane per forse uno dei primi casi di phishing.
Ultime ma non ultime le mail che promettono vincite, o che chiedono favori di spostare delle grosse somme in cambio di indennizzi, cose di cui si è occupata anche striscia la notizia. Ma la mia domanda è: ma sfigati come siamo, credete che qualcuno nel mondo vi cerca via e-mail per farvi fare l’affare della vostra vita? E sveglia dai 🙂 E sempre in questa categoria ricordo la mail-bufala in cui l’utente veniva informato che addirittura FBI indagava su del suo file sharing: beh, non ci crederete, ma ho conosciuto delle persone che sono andate dalla polizia postale dichiarando di non aver mai usato file sharing e di avvisare FBI di questo.

Attenzione al Web

Questa versione del babau gira e rigira, se ne esce direttamente o indirettamente (vedi il caso facebook) per un semplice motivo: la rete non è vista come una forma di comunicazione ma come il film “1997: Fuga da New York”, ovvero un mondo in cui appena entri ti fanno la pellaccia. Anche in questo caso non viene fornita corretta informazione in quanto internet è uno strumento per fruire di servizi, così come lo è il telefono: per lo stesso motivo quindi il telefono è pericoloso perchè posso chiamare i servizi hard a pagamento? E quindi attenzione a cliccare su link che non conoscete (???), non usate servizi di chat, non usate questo, non usate quello che alla fine si conclude con: perché usi internet, non è meglio vedere le ballerine in TV?
E su questo argomento ne possiamo trovare ogni giorno delle novità, gonfiate da giornalisti che spesso non conoscono la rete e che devono usare l’argomento caldo del momento per fare qualche scoop.

Facebook

E quindi ecco entrare facebook tra i pericoli del nuovo anno: all’inizio facebook era visto come argomento interessante, visto che i politici e i vip si creavano i loro profili, le loro pagine fan, ecc. Ultimamente invece visto il grande boom dell’applicazione che in modo “virale” porta gli utenti a connettersi tra loro, a giocare tra loro, allora sono cominciate le critiche.
La prima è esemplare: un parlamentare escluso da facebook fa addirittura un’interrogazione per saperne il motivo, come se facebook fosse un luogo pubblico in cui chiunque può starci. Facebook è un “contenitore di applicazioni Web” di proprietà di un’azienda, ha un suo codice di condotta e – come tutti gli strumenti Web 2.0 – ha un codice di autoregolamentazione. Questo significa che se arrivo nella pagina di una persona e vedo una foto oscena, un gruppo razzista o che incita alla violenza, ecc. allora gli amministratori del servizio possono decidere che interventi operare: possono rimuovere il contenuto e possono anche eliminare gli utenti.
Facebook quindi non è nulla di più di qualsiasi altro servizio erogato da altri soggetti (pensiamo a myspace, flickr, le google apps) e come tutte le applicazioni “sociali” – se usate in modo non corretto possono portare l’utente in gruppi e amicizie particolari, così come avviene in qualsiasi altro sistema disponibile in rete.
Parliamoci chiaro: se un ragazzo inserisce i propri dati in facebook e come interessi inserisce la ricerca di relazioni / incontri, è chiaro che il sistema fornirà come suggeriti degli amici idonei al proprio profilo. Stessa cosa vale per i gruppi di interesse: il bello di facebook è che si plasma agli interessi dell’utente fornendo al momento giusto l’applicazione giusta.
Bisogna quindi fare un passo indietro e chiedersi se il problema è l’applicazione o l’errato uso fatto dall’utente, e facendo un ulteriore passo indietro bisogna chiedersi: le preoccupazioni dei genitori sono corrette?
Personalmente invece mi chiedo se i genitori si rendono conto che lasciare un ragazzo davanti ad un PC con la rete internet è come dagli la possibilità di accedere a tutti i canali televisivi: allora mi dite che internet va bene ed invece sul telecomando della TV satellitare mettete il blocco ai canali hard? Forse il problema è che i giovani vanno istruiti all’uso della rete, ma il problema più grosso è che sono i giovani che ne capiscono mentre i genitori spesso capiscono solo quello che “vende” la televisione, e quindi spesso mettono un veto all’uso della rete quando dovrebbero invece incentivare un uso corretto della stessa.