Vittoria Risi e i social Media a SMAU Milano 2010

Sarà Vittoria Risi, attrice veneziana, la testimonial sulla necessità di convivenza tra sito Web e social network all’interno del seminario “Morire di Social Media?” che si terrà Mercoledì 20 ottobre 2010 alle ore: 14:00 all’arena 12 (Pad. 3).

La testimonianza video di Vittoria Risi, assieme agli altri casi che saranno presentati durante il seminario, serviranno ad avviare una discussione presente da tempo in rete ma mai (se non da pochi) affrontata seriamente: dobbiamo proprio cedere il nostro patrimonio informativo e comunicativo ai social media oppure dobbiamo utilizzarli in modo intelligente per promuovere al meglio le nostre attività all’interno dei nostri servizi Web?

Il Ministro Brunetta dialoga su Facebook

Era il 14 aprile 2009 quando, per la prima volta, un Ministro della Repubblica (Renato Brunetta) ha risposto a delle domande (in gran parte video-domande) poste da operatori delle P.A. in occasione dell’iniziativa ConfrontiPA.

Terminate le vacanze estive, Brunetta si ripropone questa volta direttamente nel social network Facebook, dove è presente con una pagina e gruppi di discussione frequentati da quasi 70 mila utenti del social network.

In questa occasione Renato Brunetta chiede direttamente la partecipazione degli utenti alla discussione, impegnandosi a rispondere settimanalmente – nel limite del possibile – alle domande.

Si tratta senz’altro di una buona iniziativa di e-discussion, un piccolo pezzo di e-democracy per ridurre le distanze tra chi governa e chi può contribuire a migliorare e/o a integrare iniziative di miglioramento della P.A.

L’utilizzo della rete come sistema di supporto per le discussioni atte al miglioramento delle attività politico-amministrative è, a mio avviso, una delle potenzialità da sfruttare maggiormente del cosiddetto Web 2.0: strumenti per la segnalazione di problemi locali, per l’individuazione di “bachi” normativi scoperti direttamente dai soggetti interessati possono fornire “pareri 2.0” allo staff del ministro. Non si tratta di fantasie: ricordiamoci che con l’ultimo disastro ecologico nel golfo del Messico una delle prime iniziative è stata l’apertura di un sito Web dove raccogliere suggerimenti – arrivati poi da ogni parte del mondo.

Con la stessa modalità possiamo quindi aiutare a migliorare la P.A., partecipando con spirito costruttivo (mai distruttivo) ad iniziative di discussione on-line applicando, come sempre, la tanto dimenticata “netiquette”.

Creative Commons per i contenuti su Facebook

Da pochissime ore è stata rilasciata una nuova applicazione per Facebook con lo scopo di consentire agli utenti la definizione di una delle sei licenze Creative Commons disponibili per i contenuti pubblicati all’interno del più famoso social network presente su internet (foto, video e testi).
In questo modo ogni nuovo contenuto pubblicato all’interno di Facebook sarà “bollinato” con la specifica licenza: nel mio caso ho scelto la licenza che non consente la vendita dei contenuti pubblicati e neppure la trasformazione degli stessi.
esempio di applicazione del bollino CC

Facebook: il nuovo babau?

In questi giorni si sta facendo una grossissima pubblicità a Facebook, ovvero si crea l’interesse verso questa applicazione disponibile nel Web anche (e soprattutto) grazie alle classiche battaglie mediatiche.
Chi segue la rete da un po’ di anni ha sicuramente avuto modo di vivere i vari “babau” legati alla rete. Ne riporto di seguito alcuni:

Non aprire quella posta

Il titolo che ho scelto fa un po’ il verso al film horror “non aprite quella porta”, ma serve a far capire il nesso tra comicità e tragicità delle errate informazioni che venivano fatte digerire ai telespettatori. In quel periodo vista la mancanza di normale manutenzione verso i personal computer: parole come “aggiornamento”, “antivirus” sembrano ancora oggi parolacce per alcuni utenti. “Se il computer l’ho comprato funzionante perché devo installarci altre cose che tra l’altro mi rallentano il PC?” oppure le classiche: “ah ma l’antivirus va aggiornato?” sono purtroppo ancora oggi le più ricorrenti. In quel periodo delle e-mail contenenti degli allegati pericolosi (prevalentemente in lingua straniera) potevano danneggiare parecchio il sistema operativo ed i dati dell’utente “distratto”. A quel tempo quindi grandi interviste in tutti i tg degli esperti: in Italia, se non lo sapete, abbiamo il GAT che ci difende dalle frodi telematiche con grande attività in tutto il territorio italiano (e colgo l’ennesima volta per tirare le orecchie a Rapetto – che coordina il gruppo – per l’inaccessibilità del sito Web: una persona con disabilità, quindi soggetto debole, difficilmente può riuscire a segnalare problemi tramite quel sito psicadelico). E quindi interviste quasi sempre ineccepibili e poi la classica aggiustatina giornalistica del tipo “e quindi non aprite e-mail che provengono da sconosciuti”. La conclusione giornalistica si commenta da sola…
Come si risolve il problema? non tanto non aprendo le mail degli sconosciuti quanto utilizzando in modo corretto gli “antibiotici”, ovvero le risorse di difesa disponibili da decenni per i PC.
Sempre su questo campo recentemente si sono riesumati i “phishing”, ossia il tentativo di acquisire dati di un utente (carta di credito, dati di accesso a servizi come ebay, ecc.) per farne un uso fraudolento. Ma anche qui non si tratta di cose “nate oggi”: ricordo che nel 2001 proprio come associazione siam dovuti intervenire a supporto di una delle maggiori banche italiane per forse uno dei primi casi di phishing.
Ultime ma non ultime le mail che promettono vincite, o che chiedono favori di spostare delle grosse somme in cambio di indennizzi, cose di cui si è occupata anche striscia la notizia. Ma la mia domanda è: ma sfigati come siamo, credete che qualcuno nel mondo vi cerca via e-mail per farvi fare l’affare della vostra vita? E sveglia dai 🙂 E sempre in questa categoria ricordo la mail-bufala in cui l’utente veniva informato che addirittura FBI indagava su del suo file sharing: beh, non ci crederete, ma ho conosciuto delle persone che sono andate dalla polizia postale dichiarando di non aver mai usato file sharing e di avvisare FBI di questo.

Attenzione al Web

Questa versione del babau gira e rigira, se ne esce direttamente o indirettamente (vedi il caso facebook) per un semplice motivo: la rete non è vista come una forma di comunicazione ma come il film “1997: Fuga da New York”, ovvero un mondo in cui appena entri ti fanno la pellaccia. Anche in questo caso non viene fornita corretta informazione in quanto internet è uno strumento per fruire di servizi, così come lo è il telefono: per lo stesso motivo quindi il telefono è pericoloso perchè posso chiamare i servizi hard a pagamento? E quindi attenzione a cliccare su link che non conoscete (???), non usate servizi di chat, non usate questo, non usate quello che alla fine si conclude con: perché usi internet, non è meglio vedere le ballerine in TV?
E su questo argomento ne possiamo trovare ogni giorno delle novità, gonfiate da giornalisti che spesso non conoscono la rete e che devono usare l’argomento caldo del momento per fare qualche scoop.

Facebook

E quindi ecco entrare facebook tra i pericoli del nuovo anno: all’inizio facebook era visto come argomento interessante, visto che i politici e i vip si creavano i loro profili, le loro pagine fan, ecc. Ultimamente invece visto il grande boom dell’applicazione che in modo “virale” porta gli utenti a connettersi tra loro, a giocare tra loro, allora sono cominciate le critiche.
La prima è esemplare: un parlamentare escluso da facebook fa addirittura un’interrogazione per saperne il motivo, come se facebook fosse un luogo pubblico in cui chiunque può starci. Facebook è un “contenitore di applicazioni Web” di proprietà di un’azienda, ha un suo codice di condotta e – come tutti gli strumenti Web 2.0 – ha un codice di autoregolamentazione. Questo significa che se arrivo nella pagina di una persona e vedo una foto oscena, un gruppo razzista o che incita alla violenza, ecc. allora gli amministratori del servizio possono decidere che interventi operare: possono rimuovere il contenuto e possono anche eliminare gli utenti.
Facebook quindi non è nulla di più di qualsiasi altro servizio erogato da altri soggetti (pensiamo a myspace, flickr, le google apps) e come tutte le applicazioni “sociali” – se usate in modo non corretto possono portare l’utente in gruppi e amicizie particolari, così come avviene in qualsiasi altro sistema disponibile in rete.
Parliamoci chiaro: se un ragazzo inserisce i propri dati in facebook e come interessi inserisce la ricerca di relazioni / incontri, è chiaro che il sistema fornirà come suggeriti degli amici idonei al proprio profilo. Stessa cosa vale per i gruppi di interesse: il bello di facebook è che si plasma agli interessi dell’utente fornendo al momento giusto l’applicazione giusta.
Bisogna quindi fare un passo indietro e chiedersi se il problema è l’applicazione o l’errato uso fatto dall’utente, e facendo un ulteriore passo indietro bisogna chiedersi: le preoccupazioni dei genitori sono corrette?
Personalmente invece mi chiedo se i genitori si rendono conto che lasciare un ragazzo davanti ad un PC con la rete internet è come dagli la possibilità di accedere a tutti i canali televisivi: allora mi dite che internet va bene ed invece sul telecomando della TV satellitare mettete il blocco ai canali hard? Forse il problema è che i giovani vanno istruiti all’uso della rete, ma il problema più grosso è che sono i giovani che ne capiscono mentre i genitori spesso capiscono solo quello che “vende” la televisione, e quindi spesso mettono un veto all’uso della rete quando dovrebbero invece incentivare un uso corretto della stessa.